Il tema del momento è segnato sicuramente dalle misure adottate a novembre da De Beers che ha deciso di ridurre il prezzo del grezzo del 5-6%, una mossa accolta positivamente dai produttori che lamentavano scarsi profitti con conseguente, inevitabile riduzione della produzione principalmente in India.
Per quanto riguarda in generale il mercato globale dei diamanti tagliati invece, stando alle varie analisi, si registra un trend meno perturbato, contrassegnato da una relativa stabilità. Gli addetti ai lavori però non rilevano, a partire da fine ottobre/inizio novembre, quel fervore tipico del periodo pre-natalizio. Da notare invece che i mercati principali si distinguono ancora per le differenti richieste riguardanti le misure. Quelle più gettonate in linea generale sono da 0,30-0,50 carati, tranne negli Stati Uniti dove ancora si evidenzia una buona domanda per pietre da 1 a 2 carati.
Spostando l’attenzione sul vecchio continente si può notare come la domanda per i fancy Yellow stia crescendo sensibilmente. Israele inizia purtroppo con un segno negativo nell’export, complice il ritardo degli ordini da parte degli Stati Uniti. Ma ad incidere più di tutti sui mercati è Hong Kong. La persistente instabilità tra Cina e Hong Kong, a seguito dell’escalation delle proteste, sta influenzando significativamente, e in maniera non positiva, tutti i mercati, per prassi sempre circospetti e scettici nelle stagioni di turbolenza politica.
Al di là dei dati e della fotografia del momento il mondo dei diamanti sembra essere caratterizzato da cambiamenti strutturali di più lunga durata. Tra questi si rilevano modifiche nei rapporti di forza nella filiera. Infatti negli ultimi anni l’elevata variabilità dei consumi registrata nei mercati mondiali ha fatto in modo che i grandi player iniziassero a focalizzare la propria attenzione su fette di mercato un tempo riservate essenzialmente a imprese di distribuzione di piccole o medie dimensioni. Di questa invasione di campo sono in molti a pagarne le spese, principalmente nel settore commerciale. I grandi gruppi, capaci di condizionare le quotazioni attraverso il controllo della materia prima, sono destinati a cannibalizzare il mercato?
A questa domanda sta cercando di rispondere Martin Rapaport. Si potrà essere più o meno d’accordo con questa poliedrica personalità del mondo dei diamanti, ma il tema che pone è concreto. Per intervenire e provare ad aggirare le nuove logiche delle grandi imprese dominanti, Rapaport ha promosso lo scorso aprile una missione commerciale internazionale in India (alla quale abbiamo preso parte) che ha coinvolto ben 36 operatori del settore. Lo scopo era quello di riuscire a dare maggior slancio ai protagonisti intermedi dell’industria dei diamanti che stanno soffrendo a causa dell’incursione in quelli che erano i propri spazi da parte dei gruppi più strutturati e potenti. Questa missione ha offerto l’opportunità di ravvivare i contatti diretti ed il confronto tra tagliatori, distributori locali ed internazionali, market maker locali, il tutto a Surat, il più grande – e forse il più sottovalutato – centro di taglio del diamante del mondo.
In definitiva si prospetta un nuovo scenario. Da un lato si delinea un modello di mercato oligarchico con gruppi che, come pesci grandi alla continua ricerca di cibo, allontanano i pesci più piccoli. Dall’altro lato si assistono a segnali di resilienza e di riscatto da parte di quei soggetti intermedi che – in un regime di crescita e di competitività – hanno reso nel tempo l’industria dei diamanti solida garantendo fatturati ed occupazione.
Di Sergio Sorrentino, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 8, Inverno 2019.
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